ASTRATTA

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ASTRATTA

mercoledì 3 novembre 2010

Mentre aspettiamo di vivere, la vita passa (Seneca)


e tu, tu che ne sai della vita?”

“Io l’ho vista, la vita. Mi aspettava, di notte. Non si muoveva. Respirava e basta. Appoggiata a un delirio di onnipotenza, distesa lungo l’asfalto di un viale alberato. Ma tu, ma tu lo sai che cosa si prova ad accendere un sigaro alle due di mattina, quando, con un atto di maschia volontà, sembri voler soggiogare la tua stessa esistenza? Quando all’entusiasmo si mischia il timore, e il silenzio e il freddo ti bloccano le ginocchia? E camminare in mezzo alla strada, da sola.

Hai mai passato una notte su qualche sperduto santuario, con neve e whisky, leggendo le parole dei poeti? L’hai mai fatto? Hai mai trascorso lunghe giornate oziose di agosto leggendo Joyce quando tutto attorno a te sempre riecheggiare l’oblio di Dublino? E aspettare, aspettare, aspettare. L’epifania. Che dia un senso alla tua vita. O meditare sui versi della Dickinson, in un fremito di liquida semplicità.

Questo è quello che so della vita. Che non ci chiede nulla, se non di esistere. Certo, tiranneggia su di noi, con il tempo, ma non se ne avvede. Ma credo sia un prezzo da pagare. In fondo, che dai, tu, a lui? Te stesso? Ma quante volte ti sei negato a lui, attendendo qualcos’altro? Che altro? Se lo avessi saputo, forse, non lo avresti atteso. Bisogna rinascere dall’alto diceva qualcuno. Io dico, bisogna rinascere in noi.

Ho imparato questo, dalla vita, sinora. O forse non era la vita, era qualche pazzo parolaio, qualche teoreta da strapazzo, di quelli che con qualche sillaba ti legano l’anima a loro stessi. Quelli di cui non puoi più fare a meno. Forse perché nei loro vaneggiamenti hanno compreso la natura più profonda dell’Essere. L’essere, appunto”