ASTRATTA

ASTRATTA
ASTRATTA

mercoledì 7 luglio 2010

Follia....Astratta


Follia...è amare fino quasi a odiare...è strapparsi il cuore
per donarlo all'altro...
è farsi del male con le parole...
è spezzare le ali,per volare in due...
è abbandonarsi a un sentimento...chiudersi in un rapporto...
tutto questo è follia...o forse...è solo amore... Uomini che devono scusarsi con le loro mogli e dare sempre spiegazioni. Uomini che si sono sposati forse per amore e si ritrovano a dover vivere con delle streghe nere e non con le principesse bianche sposate quel giorno. Uomini che devono nascondere il loro veri desideri, che si devono accontentare di rapporti a metà, di ciò che gli concede la moglie, la fidanzata, di quello che riescono a vivere solo in parte perchè non osano chiedere. Uomini che fanno la voce grossa fuori dalla camera da letto e poi sono succubi di femmine isteriche che non gli danno nulla nè di sessuale nè si sentimentale. Uomini che hanno paura di vivere la vita come vogliono davvero. Uomini che si dicono sesso forte e poi si inventano mille storie per tornare tardi la sera. Uomini che hanno bisogno di altre cose ma che non sono capaci di prendersi quello che vogliono. Uomini prigionieri dentro case perfette, legati a donne megere con cui ormai non condividono che il piumone d’inverno e il condizionatore d’estate. Uomini che non si sanno liberare del loro peso, che temono la voce di lei, le sue accuse, le sue scenate di gelosia. Perchè uomini forti stanno in questa condizione? Allora son più forti quelle damigelle candide che si son portati all’altare e che ora li fanno penare, li mettono in riga e gli dicono cosa fare quando tornare a casa. Poveri uomini! Che disastro la loro vita! Che disastro pensare che il matrimonio fosse una cosa bella o che l’amore fosse solo pane e nutella. Che rovina queste donne cattive che non sanno nemmeno fare l’amore. E loro, uomini, sognano, sognano,….cercano,..cercano altrove. Ma continuano ad essere schiavi delle loro “amate” signore.
In un villaggio al di fuori delle mura di Gingor viveva una ragazza di nome Elendil. Questa ragazza era sempre stata cresciuta nella più totale libertà e fin da piccola andava in giro da sola, viaggiava e aveva molti amici sparsi in ogni regno. Il suo carattere era solare, allegro, gioviale e generoso. Si affezionava facilmente alle persone ma ogni tanto aveva anche bisogno di stare un po’ per i fatti suoi e dedicarsi a quelli che erano i suoi interessi. Per esempio amava tirare con l’arco. Amava anche creare ghirlande di fiori profumati. E spesso si metteva a cucire insieme alla nonna, che era una sarta esperta, dei cuscini molto fantasiosi. Tutti le volevano bene nel villaggio e quando la incontravano la salutavano e si fermavano a chiederle notizie della nonna e dei genitori. Lei rispondeva sempre educatamente e le piaceva stare in compagnia e faceva spesso delle passeggiate con le altre ragazze del paese. Ciò che la distingueva dalle altre ragazze era questo suo spirito libero, questo suo essere così legata alla natura e al mondo dei boschi, in cui era cresciuta fin da piccola, scorazzando libera come una cerbiatta. Le altre ragazze invece erano cresciute sempre sotto l’ala dei genitori e non avevano mai avuto la possibilità di uscire al di fuori del regno di Gingor. Quasi ogni pomeriggio Elendil se ne andava in giro, insieme al suo cane fedele Morri, correndo appresso alle farfalle e cercando di cacciare qualche leprotto da regalare alla nonna che era anche un’ottima cuoca. Ma un giorno mentre si trovava in giro per i boschi sentì del trambusto e vide molti animali fuggire impauriti. Pensò che fosse successo qualcosa al villaggio e corse via come un fulmine per andare a vedere cosa succedesse. Quando arrivò vide molte case in fiamme, degli uomini a cavallo e tutti che scappavano cercando di salvarsi da questi invasori crudeli. Mentre cercava di mettere in salvo un bambino qualcuno la prese e la portò sopra il proprio cavallo. Lei si dibattè e iniziò a graffiare il volto dell’uomo, che reagì dandole un pugno così da sedarla e portarla via. Quando Elendil si risvegliò si ritrovò dentro una gabbia insieme alle altre ragazze del villaggio. Incatenata e assetata si chiese che fine avrebbero fatto. Dopo un paio di ore qualcuno venne ad aprire la gabbia e furono tutte condotte presso il Capo dei Nixos, erano questi un popolo bellicoso e potente che andava in giro a distruggere villaggi, saccheggiare e prendersi le persone come schiavi. Tutte furono messe in fila davanti ad un trono di legno scolpito dove sedeva un uomo con una maschera orribile sul viso. L’uomo che le aveva condotte fuori dalla gabbia fece inginocchiare ogni ragazza ma Elendil gli si rivoltò contro e non volle inginocchiarsi. L’uomo era pronto a colpirla ma il Capo gli disse qualcosa e lui si fermò. Poi l’uomo scelse due ragazze e le diede al Capo, affinchè gli facessero compagnia per la notte. Il Capo si alzò e andò verso Elendil. La ragazza non aveva nessuna paura, non piegò il capo e lo guardò dritto negli occhi che si vedevano attraverso la maschera. Il Capo disse qualcosa e l’uomo prese Elendil e la condusse con sé. Così poco dopo Elendil si trovò dentro un’altra gabbia, più piccola, posta vicino ad un letto enorme, in una tenda meravigliosa piena di arazzi e di libri voluminosi. Ad un tratto vide entrare le due ragazze sue amiche, che erano intontite dall’alcool che avevano bevuto e non la riconobbero. Esse si spogliarono e si adagiarono sul letto pronte ad esser possedute dal valoroso Capo che le aveva rubate ai loro cari. Quando questi entrò portava ancora quella orribile maschera. L’uomo andò vicino alla gabbia e diede uno sguardo a Elendil. Elendil lo guardò ancora dritto negli occhi. Il Capo andò verso il letto e si spogliò nudo mostrando una enorme spada già dritta e vibrante e in poco tempo soddisfece i suoi desideri scopandosi le due fanciulle arrese e docili. Quando finì con loro chiamò il suo fedele servitore e questi le portò via. Poi spense le candele, si tolse la maschera e si addormentò. Elendil non vide il volto perché era buio ma cercò di immaginarlo. Poi si addormentò anche lei. L’indomani le altre ragazze furono condotte di nuovo davanti al trono del Capo. Tutte si inginocchiarono piegando il capo al loro nuovo sovrano. Elendil pure fu condotta davanti al Capo ma di nuovo non volle inginocchiarsi né abbassare gli occhi. Il Capo scese dal trono e gli si avvicinò. Le andò molto più vicino stavolta. Elendil gli sputò in faccia con disprezzo e gli disse qualcosa che lui intuì anche se non conosceva la lingua. Il sovrano fermò la mano dell’uomo che voleva frustare la ragazza e poi scelse altre due ragazze per quella notte. Ogni giorno andò avanti così e ogni sera Elendil assisteva agli amplessi del Capo rimanendo dentro la sua gabbia. Era sfamata e trattata bene. Nessuno le aveva messo le mani addosso e sembrava che il Capo avesse per lei una qualche predilezione. Sapeva inoltre che le ragazze dopo esser state possedute dal Capo venivano liberate e quindi lei avrebbe potuto fare lo stesso per ritornare libera ma non lo fece. Ogni giorno venivano portate altre giovani donne davanti al trono e il Capo sceglieva due di loro. Ogni giorno Elendil guardava quell’uomo con sempre maggiore curiosità e si chiedeva perché lei fosse risparmiata e non costretta come le altre a giacere con lui. Una sera il Capo entrò nella sua stanza e disse alle ragazze di uscire. Non si spogliò e andò verso la gabbia dove giaceva Elendil. La aprì e la fece uscire fuori. Poi le tolse la catena e la fece cadere a terra. Elendil lo guardò con stupore. Il Capo poi si mosse verso il letto e si tolse la maschera. << Puoi andare via. >> Il Capo le disse queste parole nella lingua di Elendil, che a quanto pareva conosceva benissimo. Elendil rimase immobile. Guardava il viso di quell’uomo forte e potente. Gli si avvicinò e si inginocchiò ai suoi piedi. << Io voglio rimanere qui. >>

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